Questione carceraria e lotta di classe

In occasione del congresso costitutivo della CIT/IWC a Parma abbiamo avuto modo di intervistare due compagni, uno statunitense e uno tedesco, in merito alle lotte dei carcerati. L’IWOC, Imprisoned Workers Oraganizing Committee, è la branca dell’IWW che si occupa dei lavoratori incarcerati; il GG/BO, Gefangenen-Gewerkshaft/Bundesweite Organisation, è un’unione sindacale di detenuti nata in Germania nel 2014.

In entrambi questi paesi è diffuso il lavoro carcerario; nel caso statunitense, poi, siamo di fronte a un sistema carcerario fondato fin dai suoi albori, come vedremo, sul lavoro coatto. Riconoscendo che lavoratori-carcerati sono lavoratori a tutti gli effetti questi sindacati hanno coerentemente sviluppato strumenti di analisi e di lotta per intervenire in queste situazioni.

Nel corso degli ultimi decenni con i fenomeni legati alla così detta “guerra alla droga” e alle varie “emergenze” securitarie si è assistito a un ritorno in auge delle politiche di reclusione di massa come dispositivo di controllo sociale, basti pensare alla pluridecennale esplosione della popolazione carceraria negli Stati Uniti.

Inoltre il dispiegarsi di questo dispositivo di disciplinamento si inserisce in una fase storica in cui le modifiche ai sistemi produttivi hanno trasformato parte della manodopera in merce-lavoro in eccedenza che va in qualche modo stoccata e controllata. Fenomeno questo che si unisce, nel caso statunitense in modo palese ma anche in molti altri contesti, con la razzializzazione di settori del proletariato che già erano stati messi da parte rispetto al godimento del vecchio patto sociale di stampo social-democratico e che sono poi stati duramente colpiti dalla liquidazione dello stesso.

Per quanto riguarda un paese europeo come la Germania che viene spesso dipinto come un paese con un forte sistema welfaristico e di cui spesso si prende a modello il sistema dell’Hartz IV, reddito minimo in cambio di lavoro obbligatorio in pessime condizioni, non si può non notare come lo sviluppo di un sistema carcerario-industriale altro non sia che il logico corollario a queste soluzioni.

È quindi necessario, per chi si riconosce in una linea anarcosindacalista e sindacalista-rivoluzionaria, considerare l’esistenza di milioni di lavoratori che si trovano a lavorare in condizioni servili, in alcuni casi schiavistiche, in quanto incarcerati e considerare questo come logica conseguenza del modo di produzione capitalista e non una sua stortura.

Una questione, fondamentale, che viene affrontata nell’articolo è il senso di una lotta economicista all’interno di un’istituzione totale quale un carcere e il come conciliare questa lotta con una prospettiva rivoluzionaria e abolizionista delle galere stesse.

D: Cosa è l’Iwoc e quale è la sua storia?

L’IWOC è stato creato nel 2014 da membri dell’IWW in contatto con carcerati membri del Free Alabama Movement, e con l’anarchico nero Lorenzo Erwin. È nato come comitato per facilitare dall’esterno la formazione di sezioni sindacali all’interno dei carceri e per aiutare i carcerati inviando materiale, lettere, facilitando visite familiari, impostare reti di mutuo appoggio.

D: Nei vostri documenti viene utilizzato l’espressione “prison-industrial complex”, “complesso carcerario-industriale”, che significato ha questa espressione e da dove deriva?

Basiamo le nostre analisi sul fatto che l’industria delle prigioni esistente al giorno d’oggi negli USA è la continuazione della schiavitù dei secoli scorsi; gli esempi su cui si è basata questa analisi sono le prigioni in Luisiana e in altri stati schiavisti. In questi stati dopo la fine della schiavitù la produzione di cotone è continuata tramite l’uso di prigionieri, lo stato si è fatto garante di questa continuità e ha preso il posto dei vecchi proprietari terrieri. L’esistenza del complesso carcerario-industriale si è quindi intrecciata fin dalla nascita con la razzializzazione e il mantenimento della supremazia bianca negli stati uniti, caratteristiche, queste, fondanti del capitalismo statunitense stesso.

D: con la guerra alla droga iniziata e diffusasi tra gli anni settanta e gli anni ottanta vi è stata un’esplosione dell’incarcerazione di massa, per altro con caratteri estremamente razzisti, cosa puoi dirci su questi temi?

La war on drugs iniziò colpendo inizialmente gli attivisti: appena un paio di anni fa un vecchio membro dell’amministrazione Nixon ha scritto chiaramente in un libro che avevano deciso di usare la guerra alla droga per colpire i militanti. Associarono l’eroina ai militanti neri e la marjuana a quelli bianchi, aumentando le pene per il possesso di entrambe queste sostanze, incarcerando moltissimi militanti grazie a queste nuove leggi. Ora, per dire, in stati come la California la marjuana è legale ma ci sono persone che hanno passato decine di anni in prigione per il possesso di questa sostanza, tra cui molti militanti, politici e sindacali. Alcune droghe vennero legate, come abbiamo detto, a gruppi razzializzati: ad esempio la cocaina veniva considerata una droga per i bianchi mentre il crack [che è sempre un derivato della cocaina, ma più economico e con effetti più devastanti a breve termine, ndt] è stato associato ai neri e ai poveri, ma per il possesso di crack le pene sono doppie rispetto a quelle per il possesso di cocaina. Vi è quindi un forte elemento razzista e classista nella guerra alla droga che ha fatto si che questa colpisse specificatamente le comunità nere e mandato in prigione per decenni i membri di queste comunità

D: Negli Usa vi è anche la questione delle prigioni gestite da privati, fenomeno assente in molti paesi europei o comunque nuovo. Come si inserisce la presenza di questo tipo di prigioni nelle questione del complesso carcerario-industriale?

Ci sono moltissime prigioni private negli Stati Uniti. L’amministrazione Obama aveva dichiarato che le avrebbe chiuse ma questa decisione ha riguardato solamente sei prigioni federali, per altro i prigionieri sono poi stati semplicemente spostati in altre prigioni federali. Vi sono corporation, come McDonalds e Bank of America, che hanno contratti per gestire ed estrarre profitti dalle prigioni tramite il lavoro dei detenuti e grazie ad accordi fatti con gli stati o direttamente con le prigioni stesse. I prigionieri che escono semplicemente non troveranno lavoro e questo nonostante venga raccontato che far lavorare i prigionieri serva per educarli, dargli delle competenze e reinserirli. Il sistema carcerario-industriale immagazzina, letteralmente, forza lavoro in eccesso permettendo di avere un esercito industriale di riserva per il settore privato come per quello pubblico. Tramite l’utilizzo del lavoro dei prigionieri, che lavorano per un salario bassissimo, che sono ricattabili e che sono tanti grazie alle politiche di incarceramento di massa degli ultimi decenni, viene attaccata la classe lavoratrice nel suo complesso, deprezzando il costo del lavoro e imponendo, quindi, bassi salari anche ai lavoratori che non sono in carcere, a questi viene detto “se non lavorate per il minimo salariale, per quello che vi diamo, faremo lavorare al vostro posto i prigioneri”. Quando ci sono gli scioperi dei carcerati-lavoratori questi non si presentano al lavoro, lasciando così marcire le colture nei campi, mandando in malora il cibo che deve essere lavorato nelle fabbriche-prigione, in queste fabbriche-prigione i lavoratori-prigionieri si occupano di tutto, dalla produzione fino alla manutenzione, per cui rifiutandosi di lavorare possono effettivamente bloccarle. Ovviamente una protesta di questo tipo espone i prigionieri a ritorsioni, possono ricevere ulteriori condanne, vedersi rifiutare la libertà vigilata, essere trasferiti o messi in isolamento. È necessario quindi il supporto dall’esterno.

D: Immagino che oltre a questo genere di ritorsioni date dalla condizione di estrema ricattabilità di questi proletari vi sia anche il problema delle divisioni tra gli stessi, con fenomeni come le gangs che nei fatti permettono di mantenere l’ordine dividendo la popolazione carceraria, razzismo e sessismo tra i prigionieri stesi eccetera. Come si fa a scardinare questo sistema?

Durante lo sciopero della fame di Pelican Bay[1] si videro rompere la barriere di razza, i carcerati fecero un documento comune, un accordo tra prigionieri, in cui decisero di interrompere le aggressioni reciproche mentre erano il lotta, per tutta la durata della stessa. Vinsero. Nell’IWOC, come nell’IWW abbiamo certi punti cardine, dei principi base ed i membri devono agire in accordo con questi principi. Chi aderisce all’organizzazione sa che ci sono membri bianchi, neri, latinos, transessuali, sa che non saranno accettate forme di suprematismo. Le differenze, le stesse differenze che permettono di dividere e controllare i carcerati, vanno messe da parte per un bene superiore, dal momento in cui si sviluppano delle lotte che riguardano tutti, che hanno un immediato sbocco materiale, ad esempio sul cambiare certi regolamenti o sul comportamento delle guardie.

D: Puoi parlarci del GGBO in Germania?

GGBO: Anche noi siamo nati nel 2014, come sindacato locale di prigionieri a Berlino ma ci siamo espansi in tutta la Germania. In Germania una parte rilevante della popolazione carceraria è impiegata come forza-lavoro. Questi lavoratori fanno principalmente lavori poco qualificati, ad esempio si occupano di produrre i confezionamenti per i supermercati, ma vi sono anche delle prigioni, nel sud della Germania, dove grosse compagnie investono in formazione e i prigionieri costruiscono turbine per aeroplani. Le prigioni stesse vanno dalle aziende e si propongono facendo leva sul basso salario, sulla mancanza di coperture sociali, sul fatto che le aziende possono impostare programmi di formazione ad hoc. Quindi il ventaglio di lavori coperto dal complesso carcerario-industriale tedesco è ampio, va dai lavori poco qualificati fino a quelli specializzati. In altri casi i prigionieri lavorano direttamente per il governo, ad esempio ultimamente sono stati utilizzati come manodopera nella costruzione di un palazzo governativo a Berlino. Noi vogliamo abolire le prigioni ma pensiamo che sia necessaria una lotta per un salario minimo per i prigionieri. Se parli con molte persone e gli dici che lavori per l’abolizione delle prigioni difficilmente instauri un dialogo, ti guardano come se fossi pazzo, ma se gli dici che lavori per far sì che i carcerati siano pagati maggiormente per il loro lavoro, che abbiano una pensione e condizioni migliori, ti rispondo che sono cose che hanno senso, riesci a instaurare un dialogo. Per abolire le prigioni dobbiamo cambiare la società, questo è il nostro obiettivo, ma intanto siamo davanti a dei bisogni materiali di lavoratori-carcerati e non possiamo ignorarli.

D: Non penso che questa sia una grande contraddizione, d’altra parte come sindacalisti noi lottiamo sul posto di lavoro ma noi vogliamo abolire il lavoro salariato. Sono in un sindacato perché voglio delle condizioni di lavoro migliori per me e per i miei compagni di lavoro ma voglio abolire il sistema del lavoro salariato, è la stessa cosa delle lotte di chi è dentro una prigione che vuole migliorare immediatamente le proprie condizioni materiali ma sa che è necessario abolire la prigione in sé. Vi sono delle contraddizioni in questo? Si, ma viviamo in una società, viviamo una vita fatta di contraddizioni.

GGBO: Alcuni compagni sostengono che se rendi migliori le condizioni di vita le persone non si solleveranno, ma non possiamo stare qua a urlare quanto è brutto il mondo. Organizziamo le nostre lotte, organizziamoci tra di noi.

IWOC: Anche noi come IWOC abbiamo scritto chiaramente che vogliamo abolire le prigioni. Ma abbiamo scritto chiaramente che vogliamo abolire, ad esempio, l’isolamento perché la pratica dell’isolamento, che a volte dura anni, impatta direttamente sulla vita dei detenuti e questa è una necessità che è stata chiaramente espressa dai detenuti stessi. Come sono i lavoratori sul posto di lavoro gli unici titolati a decidere su come condurre una lotta così lo stesso vale per i carcerati, perché alla fine sono loro che sanno come possono costruire una rete di supporto dentro la prigione, come coinvolgere altri prigionieri, sono loro ad assumersi i rischi e a subire ripercussioni durante le lotte. Possono essere ripercussioni pesanti: uno può rimanere in carcere dieci anni in più se ha lottato, la questione può essere di vita o di morte. Noi comunque siamo abolizionisti, noi non vogliamo nessuna galera e questa è una cosa che chi è detenuto apprezza.

D: Possiamo quindi immaginare che negli Stati Uniti, ma anche in Germania le aziende esercitino pressione sul governo perché ci siano pene più severe, più prigioni, più crimini e più polizia, in modo di poter alimentare il complesso carcerario-industriale da cui traggono profitto.

GGBO: In Germania il tasso di criminalità sta scendendo di anno in anno ma nonostante questo nel Land della Baviera vi è stato un ulteriore inasprimento delle leggi di polizia, cosa che razionalmente è un controsenso. Ma così come i politici spingono sull’avere più leggi per mostrarsi duri con il crimine davanti all’elettorato le industrie spingono per avere più prigionieri per poter aumentare i profitti.

IWOC: È esattamente quanto abbiamo visto accadere negli Stati Uniti nel corso degli ultimi decenni. A tutti i problemi sociali le risposte date sono state a base di più prigioni, più leggi, più polizia. La spesa sociale è stata tagliata per quanto riguarda le spese sanitarie, l’istruzione ed è aumentata invece la spesa per quanto concerne i carceri e la sorveglianza. Anche quando all’interno delle prigioni le contraddizioni sono esplose sotto forme di rivolte o sotto la forma di violenza tra carcerati o di autolesionismo, la risposta è stata a base di maggiore repressione sia immettendo più guardie che imponendo una medicalizzazione, facendo ampio uso di psicofarmaci sulla popolazione carceraria. Lo stesso taglio alle risorse per la salute mentale ha fatto si che ha sofferenze psichiche finisse più facilmente carcerato, il problema è stato affrontato ancora una volta tramite una maggiore reclusione.

D: Inoltre negli Stati Uniti è da considerare che la figura del District Attonery [Procuratore Distrettuale, equivalente del Pubblico Ministero, ndt], è una figura che viene nominata tramite elezioni popolari, così come gli sceriffi nelle contee. Questo immagino che porti questi personaggi politici a mostrarsi più duri con il crimine per poter fare propaganda e ottenere più voti e garantirsi la carriera.

IWOC: Si questa è una delle maggiori questioni da affrontare. Così come quella della militarizzazione della polizia: l’esercito ha passato gli ultimi anni in guerra, in Iraq e in Afghanistan, evolvendo il suo equipaggiamento ed ora sta passando questo equipaggiamento ai dipartimenti di polizia. In occasione di alcune proteste contro le manifestazioni dl Ku Klux Klan abbiamo visto la polizia di piccole città rurali del sud equipaggiate con mezzi blindati, gli stessi usati dall’esercito, in abbigliamento militare. Questo si è visto in occasione delle proteste a Standing Rock contro la costruzione di un oleodotto: la polizia, sia locale che federale, era equipaggiata come in guerra, sono state usate pallottole di gomma, granate stordenti eccetera.

D: Se ben ricordo qualche anno fa Obama disse che avrebbe bloccato la militarizzazione delle forze dell’ordine ma non è stato così, la militarizzazione è andata avanti. È una tendenza che l’amministrazione federale non ha nessuna intenzione di stoppare ed è dimostrato come in questo non vi sia nessuna differenza tra Partito Democratico e Partito Repubblicano

IWOC: Non vi è nessuna differenza tra democratici e repubblicani. Molte persone sono state entusiaste quando venne eletto Obama ma i rivoluzionari neri hanno detto fin da subito che il suprematismo bianco assume diverse forme e che Obama era parte di quello stesso sistema. D’altra parte ha fatto deportare più migranti di qualsiasi altro presidente, ha ampiamente usato i droni e bombardato vari paesi. I suoi supporter sostengono che ha provato a dare assistenza sanitaria a tutti, ma dimenticano che ha bombardato altri paesi, che ha distrutto famiglie di migranti tramite la deportazione di membri delle stesse. Noi sappiamo che Repubblicani e Democratici rappresentano le due facce della stessa medaglia. In fin dei conti fanno gli interessi della classe dominante, del capitalismo, anche se Trump oltre a ciò ha apertamente dato voce a gruppi fascisti, a idee xenofobe, razziste, sessiste e omofobiche.

lorcon

[1] Prigione di massima sicurezza in California in cui si è svolta una dura lotta dei denuti https://tinyurl.com/y9l6zaa9

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